Il Ripasso 4: Morphine

Più che una breve biografia musicale, l’ennesimo atto di ribellione. Verso il non linguaggio di Piero Scaruffi, punto di riferimento immeritato, deragliante, nel web. E ancora di più contro i suoi tardi epigoni di Ondarock che ne copiano pedissequamente argomentazioni cadendo nelle stesse fumosità e negli stessi errori. Tentiamo di dare quantomeno un punto di vista un po’ diverso su un gruppo degli anni 90.

I Morphine sono stati importanti non perché innovativi (criterio ottuso per convalidare l’opera di un artista, basato sull’equivoco del progresso come unico valore), ma anzi sono stati notevoli proprio per la loro capacità di essere riepilogatori. Hanno saputo condensare blues, country, rhythm and blues (quel genere in origine sporco e semplice, cugino ignorante del jazz), rock’n’roll, folk, tutto in una musica oscura e coerente.

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Il ripasso: My Bloody Valentine

Un giorno, nel futuro, qualcuno dotato di grande pazienza si prenderà la briga di scrivere qualche pagina chiara per ridimensionare i tanti siti che, non essendo in grado di fare critica della musica rock e pop, riempiono di parole alate il web con recensioni a volte solo suggestive. Quali sono i punti di riferimento? un nuovo Leonardo da Vinci (si chiama Piero Scaruffi) che da anni compila da solo una enciclopedia delle arti bizzarra, incompleta e ripetitiva. L’unica cosa che gli va riconosciuta è che ha gusto (e non è poco) anche se non è in grado di esprimere con lucidità il perché delle sue preferenze. Poi esiste un sito, Debaser, che ancora peggio prende pari pari dalle pagine di Scaruffi e ne copia le immaginose e sconclusionate espressioni. La cultura musicale pop (intesa in questo caso come prodotto di umori, emozioni e intelligenze che fanno parte di contesti sociali giovanili o culturali specifici) meriterebbe di più. Liquidata l’introduzione, ricostruiamo la storia di un gruppo importante e influente a cavallo fra gli anni 80 e 90, i My Bloody Valentine.

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Uno sconcerto di suoni

Antonin Artaud

Antonin Artaud

Il suono. Da un caos a una organizzazione attraverso la consapevolezza dell’esistenza di una metrica, a volte da rispettare, a volte da azzoppare. Le giustapposizioni, la disciplina che produce una sorta di armonia figlia dell’istinto. Il dialogo come metodo per spezzare l’individualismo dell’artista e stemperarlo nel lavoro di gruppo. “Mettersi in gioco”, sapendo che implica vittoria o fallimento; entrambe situazioni dalle quali possono scaturire effetti opposti. Un risultato trionfale, un tentativo irrisolto. Due fenomeni comunque affascinanti.

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